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Si terrà a Bologna ‘Travelling Cultures’, una giornata formativa sul tema delle migrazioni organizzata dal CNCA Emilia Romagna

Il 23 marzo presso la sede di Open Group

Si potrebbe dire che la migrazione racchiude l’intera storia umana, che è stata fatta proprio dai viaggiatori. Se guardiamo il Mondo con attenzione vedremo che tutte le cose migrano: il sole si muove, il mare ondeggia, i pastori camminano, i miti, le leggende, gli amori, i profumi viaggiano. Così è nata e si spiega la cultura umana: attraverso il peregrinare” (Estratto dall’intervista gentilmente concessa dall’autore albanese Gëzim Hajdari durante la presentazione del suo ultimo volume a Monza, il 18 aprile 2015).

Finita la certezza della identità (il civilizzato da una parte, il primitivo e il selvaggio dall’altra) e compromessa la stabilità dei luoghi (il più piccolo villaggio in cui può recarsi il ricercatore è popolato da turisti, oltre che da altri antropologi!) si può dire che molto si muove. Si pensi alla mescolanza di etnie e di culture che si incrocia, al sovrapporsi di tradizioni e di modernità.

Le persone viaggiano, passano le frontiere, con conseguenti contaminazioni, ibridazioni, vicendevole influenza e trasformazioni. Come sostiene Clifford ciò accade in continuazione, “il viaggio, o lo spostamento, può coinvolgere forze che potentemente passano attraverso: la televisione, la radio, i turisti, le merci, gli eserciti”. Insomma le culture o “Travelling cultures” sono viaggi, ciò comporta il considerarle come fenomeni in continuo movimento, dunque un pensiero sempre in divenire e costitutivamente incompiuto di incontri e unioni, scontri e conflitti tra tutto ciò che c’è in un determinato luogo e tutto ciò che viene da fuori e ci attraversa.

Il viaggio ha potere di aprire gli orizzonti non solo fisici ma anche culturali del viaggiatore, di permettergli di instaurare rapporti nuovi con quanto visto, di modificare la prospettiva sul mondo, di conoscere e capire. In senso metaforico, il viaggio assume molti significati, al punto che le vicende di migranti poveri o persone in fuga possono essere considerate come esperienze di viaggio. Il viaggio si verifica tutte le volte che avviene una contaminazione con qualcosa di diverso.

A mio giudizio, nessuno è vincolato in permanenza alla sua “identità“; ma neppure è possibile disfarsi delle specifiche strutture della razza e della cultura, della classe e della casta, del genere e della sessualità, dell’ambiente e della storia. Queste e altre determinazioni trasversali io le intendo non come altrettante patrie, scelte o imposte, ma come luoghi del viaggio mondano: difficili incontri e occasioni di dialogo. Ne segue che i guai della politica culturale non possono trovare la loro soluzione in una qualche visione, vecchia o nuova che sia, del consenso o dei valori universali. Non c’è che continuare a tradurre”. (Clifford Strade – Viaggio e traduzione alla fine del XX secolo).

 

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