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Presentata oggi la quindicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe

Intitolato quest’anno “Il gioco si fa duro” il Libro Bianco è un rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90) sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società. È promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD, ITANPUD, Meglio Legale e EUMANS.

Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno, Giornata mondiale sulle Droghe, nell’ambito della campagna internazionale di mobilitazione Support! don’t Punish che chiede politiche sulle droghe rispettose dei diritti umani e delle evidenze scientifiche e che quest’anno coinvolgerà oltre 250 città in circa 100 paesi.

Quest’anno il Libro Bianco concentra le sue analisi politiche intorno al tema delle pene alternative per i detenuti cosiddetti “tossicodipendenti” ed in particolare sulle ipotesi di trasformazione delle comunità in un sistema di “custodia attenuata” privatizzata. Sono come sempre analizzati i dati degli effetti della legge sulle droghe sul contesto carcerario e giudiziario, mentre in occasione delle modifiche al Codice della Strada sono ulteriormente commentati i dati disponibili rispetto al tema dell’uso di sostanze e l’incidentalità stradale.

Nella seconda parte del Libro Bianco sono contenuti approfondimenti specifici sul dibattito internazionale sulle politiche globali, a partire dalle riflessioni degli organismi di tutela dei diritti umani delle Nazioni Unite in tema di politiche sulle droghe. Viene ricostruito lo stato dell’arte del percorso di riforma delle politiche nazionali sulla cannabis, che ha cominciato a coinvolgere anche l’Europa. Infine, si fa il punto sulle terapie psichedeliche, alle soglie della prima approvazione ufficiale dell’uso dell’MDMA per la sindrome da stress post traumatico (PTSD).

I detenuti in carcere sfondano quota 60mila (60.166 al 31 dicembre 2023). Di questi ben 12.946  lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (detenzione a fini di spaccio). Altri 6.575 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 994 esclusivamente per l’art. 74. Si tratta del 34,1% del totale. Sostanzialmente il doppio delle media europea (18%) e molto di più di quella mondiale (22%).

Restano catastrofici, pur in leggera diminuzione, i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti “tossicodipendenti”: lo sono il 38,1% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31/12/2023 erano presenti nelle carceri italiane 17.405 detenuti “certificati”, il 28,9% del totale. Questa presenza record in termini assoluti (dal 2006 ad oggi) è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”, che dopo i due anni di pandemia ha ripreso ad aumentare (+18,4% rispetto al 2021).

Per quanto riguarda le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali, si può però affermare che dal 2020 in poi, il numero di persone segnalate rimarrebbe piuttosto stabile, aggirandosi da dopo il Covid intorno alle 40mila. Il 38% delle segnalazioni finisce con una sanzioni amministrativa, le più comuni la sospensione della patente (o il divieto di conseguirla) e del passaporto.

La repressione continua ad abbattersi sui minori, già in aumento rispetto al 2022 anche senza avere a disposizione dati consolidati. Questi entrano così in un percorso sanzionatorio stigmatizzante e alla fine dei conti desocializzante e controproducente. Il 97,3% dei minori è segnalato per cannabis.

CNCA
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