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Orti senza frontiere

L’esperienza di Cavenago (MB) dove i richiedenti asilo risistemano vecchi terreni rimasti incolti. La cooperativa sociale La Grande Casa tra i protagonisti dell’iniziativa

Si è svolta questa estate, a Cavenago Brianza (MB), utilizzando alcune aree agricole in disuso messe a disposizione dal consorzio CS&L, una interessante esperienza di formazione lavoro che ha coinvolto trenta persone dell’Africa subsahariana in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato politico. Da giugno ad ottobre questi ragazzi si sono infatti impegnati in un lavoro di bonifica, semina e raccolta di ortaggi, grazie a un progetto promosso dalla rete degli enti gestori dell’accoglienza territoriale, nello specifico La Cooperativa sociale “La Grande Casa”, la cooperativa sociale Aeris (consociate del consorzio CS&L), l’Arci, il Consorzio sociale Comunità Brianza insieme ai partner formativi – la cooperativa sociale di inserimento lavorativo “Il Cedro” e la Scuola Agraria del Parco di Monza.

L’obiettivo del progetto era quello di sperimentare una esperienza formativa in grado di dare alcune competenze di base nel lavoro agricolo, ma anche verificarne la replicabilità in altre situazioni e altri territori. Si voleva inoltre dimostrare, attraverso simili esperienze, come fosse possibile uscire dai luoghi comuni che spesso inquadrano solo la parte negativa dell’accoglienza dei migranti.

Accoglienza e formazione lavorativa è dunque un binomio che può funzionare. Questi trenta ragazzi, in attesa di sapere se la loro domanda venisse accolta o meno, hanno prima bonificato, recuperato e poi coltivato un terreno abbandonato, producendo ortaggi attraverso un processo di agricoltura biologica. Il risultato è stato più che discreto ed i prodotti della raccolta sono finiti direttamente nell’alimentazione delle case di accoglienza da cui gli stessi migranti provenivano. “E’ un esperienza piccola, pilota, ma dimostra che è possibile fare di più con questi ragazzi”, spiega Giancarlo Brunato, presidente del Consorzio CS&L, che ha messo a disposizione il terreno e che vede come consociate le cooperative sociali La Grande Casa e Aeris. Insieme agli altri enti sopra citati con i quali è attivo un progetto S.P.R.A.R. con il Comune di Monza e l’accoglienza diffusa dei richiedenti asilo inviati dalla Prefettura di Monza, è stato promosso questo progetto “Orti senza Frontiere” a cui i richiedenti asilo hanno aderito. Dopo una formazione alternata teorico-pratica iniziata a giugno 2016, durante tutta l’estate e l’inizio dell’autunno le persone, tutti maschi in media tra i 20 e i 30 anni provenienti dall’Africa subsahariana, si sono alternate nella cura dell’orto e nella successiva raccolta dei prodotti. “L’esperienza accumulata dai ragazzi coinvolti risulta spendibile, in Italia nel momento in cui dovesse essere accettata la loro domanda, oppure altrove, anche nello stesso paese d’origine, se andassero incontro a un diniego”, sottolinea Brunato.

Il supporto economico all’iniziativa è stato fornito dal “fondo Hope”, promosso da Rti Bonvena (il raggruppamento “formale” dei consorzi e delle cooperative che si occupano dell’accoglienza dei migranti nella provincia di Monza), fondo realizzato accantonando una quota della retta giornaliera ricevuta per l’accoglienza.

I responsabili di CS&l, delle cooperative sociali e della Scuola Agraria di Monza si sono già incontrati per programmare l’attività del 2017; si prevede un allargamento dell’area orticola, il recupero di un vecchio frutteto, soprattutto con il nuovo anno sarà possibile avviare il progetto con i tempi giusti per la preparazione e la conduzione agricola dei terreni. La stessa sperimentazione potrebbe inoltre avviarsi in alcuni comuni vicini, con i quali si sta valutando l’eventuale disponibilità di nuovi terreni e nuovi soggetti delle realtà cooperative e associative da coinvolgere.

L’indicatore più importante intorno al quale costruire il futuro di questa esperienza è che la partecipazione attiva dei ragazzi inseriti non è mai venuta meno come l’entusiasmo di seguire la crescita dei prodotti da loro coltivati, nonché l’utilizzo degli stessi nelle loro case di accoglienza. All’inizio le incognite erano tante ma, dopo una prima stagione insieme, abbiamo la certezza che simili sperimentazioni concorrono certamente all’integrazione socio-lavorativa dei migranti e dei richiedenti asilo.

(articolo di Fabio Benedetti e Liviana Marelli, cooperativa sociale La Grande Casa)

 

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