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No alla riapertura degli orfanotrofi

Dichiarazione di don Armando Zappolini, vice presidente del CNCA

“Abbiamo letto con una certa sorpresa le dichiarazioni dell’arcivescovo di Pompei Carlo Liberati apparse oggi sul quotidiano ‘La Stampa'”, commenta don Armando Zappolini, vice presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA).

“Al momento,”, continua don Zappolini, “tali dichiarazioni – in cui si invita a riconoscere il presunto ‘fallimento’ della legge 149, che ha stabilito la chiusura degli istituti per minori, e a riaprire gli orfanotrofi – vanno intese come una presa di posizione ascrivibile solo a colui che ha rilasciato le suddette dichiarazioni e non può essere considerata come la posizione dell’intera Chiesa cattolica italiana.”

“Il CNCA, per parte sua,” prosegue don Zappolini, “esprime la propria totale contrarietà a riportare in vita istituti che non rispondono in alcun modo agli interessi dei bambini di cui si preoccupa giustamente proprio l’arcivescovo di Pompei. I dati reali riguardanti la consistenza numerica del fenomeno degli abbandoni, dei minori che vivono fuori famiglia e degli affidamenti familiari sono poi più confortanti rispetto a quelli dichiarati da mons. Liberati. Negli ultimi 10 anni, ad esempio, sono cresciuti gli affidamenti familiari e sono diminuiti complessivamente i minori che vivono fuori dalla famiglia. Mentre è stabile il numero di bambini in condizione di abbandono.”

“Si tratta tuttavia di migliorare ciò che c’è,” auspica il vice presidente del CNCA, “implementando appieno la legge 149, facendo bene le cose giuste che essa ha previsto: realizzando ad esempio la banca dati nazionale dei bambini in stato di abbandono, destinando le risorse che occorrono agli enti locali affinché possano essere valorizzate al meglio le soluzioni che la legge ritiene più adeguate per questi bambini e ragazzi come gli affidamenti familiari e le comunità residenziali, potenziando i servizi sociali dei Comuni, investendo sulla formazione e la qualificazione degli educatori, valorizzando le esperienze dei centri affidi, stimolando le Regioni che non lo hanno ancora fatto a predisporre l’anagrafe delle strutture e dei bambini accolti e a svolgere procedure di verifica e vigilanza. Invece, né le famiglie di origine né le famiglie affidatarie, né le comunità residenziali, né i servizi e gli operatori hanno potuto contare sulle risorse che sarebbe stato necessario mettere in campo per offrire opportunità di crescita e di benessere a tanti minori in difficoltà.”

“Proprio perché abbiamo a cuore i bambini e i ragazzi che sono costretti a lasciare le loro famiglie,”, conclude don Zappolini, “crediamo che loro stessi abbiano diritto a spazi che assicurino il più possibile un’atmosfera e una vita di tipo familiare e non vadano perciò accolti in istituti che non sono in grado, per la loro stessa natura, di offrire un progetto individualizzato e forme di cura adeguati.”

CNCA
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