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No a una finanziaria che riduca la spesa sociale

Presa di posizione sul Dpef varato dal Governo. Chiediamo un forte coinvolgimento del terzo settore nella definizione della prossima manovra di bilancio

 

Roma – il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) esprime la propria preoccupazione in merito al Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (Dpef) approvato il 7 luglio scorso in Consiglio dei Ministri.

Nel testo, infatti, si afferma chiaramente che i settori in cui sarà necessario procedere a tagli significativi vengono individuati ne “le funzioni centrali della pubblica amministrazione (…), la spesa previdenziale, sanitaria e la finanza degli enti territoriali.”

Una dichiarazione che crea allarme perché rende esplicita l’intenzione del Governo di attuare il necessario risanamento attraverso misure che possono incidere in modo gravissimo sulla vita di persone che già soffrono situazioni di disagio ed esclusione. Riteniamo che non siano queste le persone a cui presentare il conto, visto che già con il precedente esecutivo erano state penalizzate da una forte e continua riduzione della spesa sociale.

Il CNCA ha accolto con favore l’insediamento di un Governo che, per le culture politiche che lo sostengono, dovrebbe mettere al centro della propria azione non solo le gravi emergenze sociali del paese, ma – più radicalmente – una nuova visione della politica al cui vertice di valore vi siano il sociale e la creazione di benessere diffuso. Non vorremmo essere costretti a ricrederci.

Ancora una volta, infatti, siamo stati bombardati da dichiarazioni e da ipotesi di intervento che gravitano attorno all’esigenza di un rilancio dell’economia e dello sviluppo, con toni e approcci troppo centrati – a nostro avviso – sulla crescita economica, i quali configurano uno scenario che colloca la questione sociale come residuale e conseguente alla capacità di accumulazione dello Stato.

E se va valutato positivamente il segnale che il Governo ha mandato innalzando da 500 a 800 milioni di euro la dotazione del Fondo Nazionale Politiche Sociali, occorre tuttavia ricordare che tale disposizione non ha fatto altro che dare un po’ di ossigeno a un malato grave. Ben altro è necessario fare per ridare a un paziente moribondo una condizione di salute minimamente accettabile.

Il CNCA ha espresso in più occasioni le sue proposte in merito:

definire i Livelli essenziali di assistenza (Liveas) da garantire su tutto il territorio nazionale. I Liveas vanno stabiliti tenendo conto dei bisogni dei cittadini e non, primariamente, in funzione delle bene note “compatibilità economiche”, che spesso nascondono solo un diverso quadro di priorità;

stabilire un meccanismo di definizione della spesa sociale attraverso l’indicazione di una “quota capitaria” per abitante (così come avviene per la spesa sanitaria) che il CNCA propone di fissare a 110 euro pro capite – portando così il fondo relativo a oltre sei milioni di euro;

aumentare le risorse di personale pubblico specializzato per le politiche sociali: al Sud si registra una media di 2,5 operatori sociali pubblici ogni 50mila abitanti, una cifra del tutto insufficiente a garantire la possibilità per gli Enti locali di svolgere le delicate funzioni di programmazione e controllo previste dalla legge 328 di riordino del sistema di intervento sociale.

Insomma, l’ambito delle politiche sociali attende di divenire oggetto di una strategia complessiva che azzeri i macroscopici errori commessi dal precedente Governo e rilanci i luoghi della partecipazione.

Chiediamo, quindi, al Governo di farsi promotore di un’ampia e reale azione di confronto con il terzo settore, a partire dai contenuti della prossima manovra finanziaria. Per creare benessere sociale diffuso, aiutare poveri ed esclusi e rilanciare il sistema di intervento non c’è più molto tempo, l’attesa è già stata troppo lunga, i danni arrecati enormi e la pazienza rimasta poca.

Roma, 14 luglio 2006

CNCA
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