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La comunità terapeutica e l’integrazione necessaria

A Roma, il 29 ottobre, si è tenuto il Secondo Incontro nazionale delle comunità terapeutiche del CNCA

Presentiamo di seguito una nota di Stefano Regio, presidente della cooperativa sociale Il Cammino, sul Secondo Incontro nazionale delle comunità terapeutiche del CNCA.

Il 29 ottobre scorso, presso la sede del Cesv a Roma, si è tenuto il Secondo Incontro nazionale delle comunità terapeutiche del CNCA dal titolo “La comunità terapeutica e l’integrazione necessaria. Tra evoluzione dei fenomeni e delle risposte”. L’appuntamento ha permesso anche di presentare i risultati del progetto Integra, promosso da CNCA, Federserd e Fict, che ha portato alla definizione di un possibile protocollo di collaborazione tra i diversi attori delle dipendenze e dei relativi strumenti di lavoro.

Ha aperto i lavori Riccardo De Facci, responsabile Dipendenze della Federazione, con una relazione introduttiva al tema. Davide Mascaro, ricercatore e cosnulente di Integra, ha presentato i primi risultati del progetto sui modelli nazionali di integrazione. Alfio Lucchini, presidente di Federsed, ha poi dato un contributo dal titolo “Il Dipartimento per le dipendenze come garanzia di integrazione o no? Tra pubblico e privato quale integrazione?”

Su questi stimoli si è sviluppato il dibattito e il confronto tra i partecipanti. La questione che anche in questa occasione è emersa prepotentemente è l’abissale differenza tra i servizi, sia pubblici che del privato sociale, in base alla loro collocazione geografica: come sarà possibile pianificare strumenti, indicatori e standard minimi comuni a fronte di un divario così profondo sulle risorse sia professionali che economiche di cui dispongono i diversi servizi? Quale percorso potrà favorire un restringimento della forbice consentendo di conseguenza alle persone con problemi correlati alla dipendenza da sostanze di ottenere più o meno le stesse risposte a prescindere dal luogo di residenza, e quale strada potrà fornire agli operatori impegnati nei servizi le stesse opportunità?

Dopo un appassionato confronto su questi temi si è passati a riflettere sul cambiamento delle caratteristiche delle persone che vengono inviate alle comunità: pochissime sono al primo trattamento, quelle con positività all’HIV e all’HCV sono aumentate del 20%, quelle con complicazioni psichiatriche sono aumentate del 40%. L’età media è inoltre sempre più alta, e nel complesso ci si trova davanti a casi sempre più complicati, con una aspettativa di evolutività risolutiva sempre più compromessa. Le comunità tentano di reagire a questa complessità confrontandosi con temi che problematicizzano la gestione delle strutture: possibilità di organizzare trattamenti sostitutivi, metadone sì/no, nel caso solo a scalare o come parte del trattamento anche in modo permanente? Quale rapporto possibile con gli psicofarmaci ed eventualmente a quali condizioni? Come regolarsi con tutte quelle persone che non hanno altre risorse oltre la comunità? Quale prospettiva, quale futuro per loro? Come si può immaginare, non è facile arrivare a conclusioni risolutive, ma si è delineato e condiviso un percorso che dovrà qualificare le comunità sempre più come la tappa residenziale del trattamento e non il trattamento. Si dovranno definire sempre meglio le specialistiche necessarie, ma non rincorrere la complessità con l’iperspecializzazione, lavorare sempre più verso la presa in carico collettiva/territoriale evitando in questo modo di accettare deleghe che, di fatto, isolano le comunità anziché inserirle sempre più nella rete dei servizi. Rendere fattiva l’integrazione pubblico/privato e socio-sanitaria affinché diventi il terreno comune sul quale realizzare i percorsi delle persone che si rivolgono ai servizi.

Tutti i presenti hanno manifestato l’interesse e la voglia ad incontrarsi di nuovo per proseguire le riflessioni avviate al momento dei saluti.

CNCA
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