fbpx

La comunità Luna Rossa, un progetto Sprar rivolto ai minori stranieri soli

Un’iniziativa della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme

Associazione Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme
Sprar minori stranieri non accompagnati – comunità Luna Rossa

Come nasce
A seguito del grande flusso migratorio proveniente dall’Africa e dall’Asia e pertanto in risposta alla situazione emergenziale legata ai continui sbarchi di persone clandestine sulle coste italiane, la Comunità Progetto Sud il 31 luglio 2011 ha promosso un nuovo intervento in tutela delle persone più deboli e pertanto più a rischio: i minori. Su richiesta del Governo italiano, e grazie alla disponibilità accordata dall’Amministrazione comunale di Lamezia Terme e agli interventi di prassi assolti dalla Regione Calabria e dall’ASP di Catanzaro apre la comunità di Accoglienza per minori stranieri “Luna Rossa”. 

La comunità è posta al primo piano di una palazzina confiscata alla mafia ed affidata alla Comunità Progetto Sud con l’intento di restituire al territorio.

Il primo febbraio 2014 la comunità Luna Rossa diventa S.P.R.A.R. (Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati) Minori, pertanto entra nel sistema di accoglienza promosso dall’Anci e dal Ministero dell’Interno aumentando la recettività da nove a dieci minori stranieri non accompagnati.

Il progetto Luna Rossa
L’obiettivo generale della comunità è quello di ospitare minori stranieri non accompagnati creando un contesto accogliente che favorisca la ripresa psicologica dei giovani, provati dai percorsi migratori e crei le condizioni per favorire l’integrazione nel territorio lametino.

“Accoglienza integrata” che supera la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza sanitaria e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento sociale.

Con ogni ragazzo accolto si costruisce un progetto educativo personalizzato, con l’obiettivo di superare i gap che i giovani vivono nell’entrare sul suolo italiano aggravati dalla non conoscenza delle lingua italiana e della cultura del territorio di residenza.

Gli obiettivi specifici sui quali si lavora sono:
– Fornire ai minori stranieri una corretta informazione sui diritti e i doveri di cui sono portatori
– Attuare tutte le procedure per regolarizzare lo status giuridico del minore
– Attivare processi graduali verso l’autonomia e l’inclusione nel tessuto sociale.

All’accolto si chiede di ripercorrere il proprio percorso migratorio per individuare le motivazioni di base all’affrontare il viaggio verso l’Europa.

I ragazzi frequentano le scuole dell’obbligo e le scuole di alfabetizzazione territoriali con gli obiettivi di acquisizione della lingua e come primo passo per il processo di integrazione territoriale.
Inoltre gli accolti, partecipano ad attività promosse dalla nostra comunità e dalla rete di gruppi attivi nella città volte a favorire l’interazione territoriale.

Metodo educativo
La comunità Luna Rossa accoglie minori stranieri non accompagnati, ragazzi dai 13 ai 18 anni circa provenienti maggiormente da paesi dall’Africa e da paesi asiatici.

Si tratta di ragazzi con alle spalle già una storia e una educazione già impartita dalla propria famiglia, ma al tempo stesso si tratta di ragazzi che non conoscono la nuova cultura di un paese che li accoglie, non ne conoscono gli usi e costumi, le leggi, il lavoro.

Compito degli operatori è quindi orientarli, accompagnarli mettendo in evidenza comportamenti più o meno consoni, “educare” rispetto a ciò che non si conosce.

Il metodo educativo è caratterizzato dalla condivisione, dalla compartecipazione e dalla corresponsabilità tra gli operatori e gli accolti, nell’idea che siffatti elementi non sono ricette preconfezionate, ma obiettivi da raggiungere, soprattutto grazie al graduale aumento di fiducia nelle relazioni educative tra gli operatori e i giovani accolti, cercando di evitare uno stile direttivo.

E’, infatti, importante che nelle relazioni con gli accolti sia intenso il dialogo, piuttosto che un approccio punitivo, teso a fare comprendere all’accolto le motivazioni di alcune regole e l’importanza del loro rispetto, davanti alla possibile difficoltà da parte sua di accettarle, perché molto diversi i contesti socio-culturali di provenienza e di nuova appartenenza. L’opportunità di condividere e aderire alle regole, per costruire una vita comunitaria interna ed esterna alla struttura, caratterizzata dalla presenza di diverse etnie, diverse religioni, diverse abitudini e stili di vita può essere maturata soltanto attraverso la forma dialogica, il fare insieme le attività e i turni, attraverso spazi di discussione e attività (cucina, organizzazione degli spazi e dei momenti della giornata) nei quali sia possibile e auspicabile il protagonismo degli accolti, anche secondo le loro usanze, i loro ricordi, i loro piaceri. Il gruppo autogestito è infatti lo strumento educativo privilegiato proprio per fare emergere le capacità di protagonismo dei ragazzi e per prepararli gradualmente ad una vita autonoma.

Il metodo educativo all’interno della struttura è caratterizzato da una presa in carico di coppia degli operatori e da una presa in carico dell’équipe: la coppia degli operatori è formata da un uomo e da una donna che insieme all’accolto e al mediatore costruiscono il progetto educativo individualizzato, lo verificano durante il suo svolgimento e lo rimodulano in corso d’opera.

L’utilizzo dello strumento della coppia degli operatori della presa in carico dei minori nasce anche con l’obiettivo di favorire un graduale passaggio del minore da un sistema educativo caratterizzante il paese di provenienza e di origine, contraddistinto dalla presenza della famiglia allargata, dai ruoli molto diversi degli uomini rispetto alle donne, a un modello educativo proprio di un sistema occidentale, caratterizzato dalla presenza della famiglia nucleare ma soprattutto da una parità tra uomini e donne nei processi educativi, lavorativi, di gestione ed organizzazione della vita. Lavorando con minori stranieri, ci siamo spesso interrogati sull’efficacia del nostro metodo educativo, ricercando analogie e corrispondenze significative con le rispettive culture di provenienza dei minori accolti e accompagnandoli nel passaggio da una realtà familiare ad una totalmente “straniera”.

L’equipe ha un ruolo fondamentale e centrale: è lo spazio di lettura delle dinamiche delle situazioni che si determinano all’interno della struttura, serve a comprendere meglio le relazioni, a verificare i percorsi di integrazione in atto; è il luogo di confronto per analizzare i percorsi individuali, siano essi situazioni difficili o che procedono con successo, è il luogo in cui si confrontano e si unificano gli interventi specifici delle varie figure professionali (educatore, assistente sociale, psicologa, operatore legale e mediatore culturale) che quotidianamente si rapportano prima di tutto con il minore e al tempo stesso con i servizi della città, con le istituzioni, con le varie associazioni e gruppi sociali, al fine di trovare strategie efficaci per una buona riuscita dei progetti educativi tracciati, avendo sempre riguardo agli aspetti amministrativi ed economici, al funzionamento dell’organizzazione interna ed esterna della comunità.

Il metodo di lavoro dell’equipe e più specificatamente della coppia educativa, ha l’obiettivo di costruire una relazione che riesca ad accompagnare il minore nel percorso di crescita e di integrazione nel tessuto sociale tenendo presente e facendo leva sulle capacità e abilità personali, ma soprattutto su quelli che sono gli obiettivi del progetto migratorio di ciascun ragazzo, confrontandosi e chiedendo parere, quando è possibile, alla famiglia del minore.

Gli elementi caratterizzanti della comunità Luna Rossa stanno nell’aver definito un processo di accoglienza, formazione, interazione con il territorio ed integrazione ben definito.

La formazione si sviluppa su un percorso di alfabetizzazione con passaggio graduale di livello di apprendimento e su percorsi laboratoriali sui mestieri che favoriscono, alla conclusione del periodo di accoglienza, l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

La comunità è posta in una palazzina confiscata alla mafia che rappresenta un simbolo di civile contrasto alla criminalità e di riscatto dei cittadini dalla pressione mafiosa. La presenza di giovani stranieri nella casa che costruiscono progetti per il proprio futuro ha trasformato quel luogo da strumento di pressione sul popolo a luogo di propulsione di giovani vite che si aprono all’Europa.

La testimonianza di Paola Montesi, tutrice di un ragazzo egiziano

CNCA
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare. Inoltre, questo sito installa Google Analytics nella versione 4 (GA4) con trasmissione di dati anonimi tramite proxy. Prestando il consenso, l'invio dei dati sarà effettuato in maniera anonima, tutelando così la tua privacy.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy
X