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Il “decreto Minniti” rischia di favorire strutture per migranti inadeguate e speculazioni intollerabili

Le richieste avanzate nei confronti dei gestori sono calibrate sui centri di grandi dimensioni. Accoglienza diffusa a rischio

COMUNICATO STAMPA

Il “decreto Minniti” rischia di favorire
strutture per migranti inadeguate
e speculazioni intollerabili
Le richieste avanzate nei confronti dei gestori
sono calibrate sui centri di grandi dimensioni,
proprio quelli che presentano maggiori criticità

Roma, 13 aprile 2018

Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) esprime forte preoccupazione per le conseguenze che potrebbe avere l’applicazione del cosiddetto Decreto Minniti (D. M. 7 marzo 2017) nella gestione delle strutture di accoglienza per le persone migranti. Il capitolato tipo promosso dal decreto, infatti, fissa dei criteri che sono calibrati sulle strutture di grandi dimensioni, che ospitano un alto numero di migranti e dovrebbero offrire solo un servizio di prima accoglienza. Un orientamento a nostro avviso del tutto sbagliato, perché rischia di porre fine a quei modelli di “accoglienza diffusa” – realizzata con strutture piccole, ben integrate nel territorio e capaci di interventi personalizzati – che assicurano un pieno rispetto dei diritti delle persone migranti e una relazione positiva con le comunità locali.

Il decreto ministeriale prevede, ad esempio, la presenza del personale 24 ore su 24 all’interno della struttura, con obbligo di certificare qualsiasi ingresso o uscita dell’ospite, attraverso l’utilizzo di un registro delle presenze e/o di un badge personale, e introduce un servizio di assistenza sanitaria che dovrebbe essere fornito negli stessi centri di accoglienza. Oltre al fatto che tali costi sono ammortizzabili, appunto, solo in strutture di grandi dimensioni, queste due richieste sono a nostro avviso incongrue: nel primo caso, rispetto all’accoglienza in piccoli appartamenti di non più di 6/8 persone e, nel secondo, rispetto al criterio fin qui seguito di presa in carico degli ospiti da parte del servizio sanitario nazionale.

“Sappiamo tutti che le strutture di grandi dimensioni comportano rischi molto alti”, afferma don Armando Zappolini, presidente del CNCA. “Troppo spesso le condizioni di vita che vi si registrano sono del tutto inadeguate. Inoltre, le grandi concentrazioni di persone straniere creano allarme nella comunità locale e implicano maggiori problemi di gestione. Infine, è evidente che proprio questo tipo di strutture favorisce speculazioni di ogni tipo, anche di organizzazioni criminali, permettendo di lucrare proprio nel mix bassissima qualità dei servizi/alto numero di rette. Perché, dunque, continuare a sostenere un tipo di accoglienza di questo genere?”

“In Toscana,” conclude Zappolini, “AGCI Solidarietà, Federsolidarietà, Legacoopsociali, CNCA, Forum Terzo Settore e ARCI hanno inviato una lettera alle istituzioni chiedendo un confronto in ambito regionale per ‘individuare delle linee interpretative del Decreto Ministeriale che salvaguardino il modello toscano preservando l’approccio diffuso ed integrato con le comunità locali’, modello che la Regione Toscana ha sempre meritoriamente promosso e che rischia ora di essere messo in crisi dai nuovi bandi emanati dalle prefetture. A noi pare che questo lavoro di chiarimento debba essere svolto, al più presto, anche a livello nazionale per evitare che in alcune aree del paese continuino a prosperare, o si affermino, centri del tutto inadeguati, dannosi per le persone migranti e per la collettività.”

 

CNCA
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