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Felicità, accoglienza, welfare

Tante domande sul ruolo degli operatori e delle comunità e sul futuro del sistema di protezione sociale al convegno organizzato a Milano il 19 ottobre

A Milano, il 19 ottobre scorso, il CNCA ha organizzato il convegno “Felicità, accoglienza, unità di vita”.

Qui sotto un intervento sull’evento scritto da Paolo Cattaneo, referente per il CNCA Lombardia del Gruppo Infanzia, Adolescenza e Famiglie.

In occasione del suo trentennale, il CNCA torna ad interrogarsi sulla propria storia e sul proprio futuro, ponendo al centro della riflessione i luoghi e i modi dell’accoglienza tra affetti e professionalità. Una storia che parte dai desideri e dai sogni di felicità nell’incontro e nell’accoglienza.

Ma come la pratica dell’accoglienza diventa una possibile risposta alle domande fondanti l’umanità: che uomo posso essere? A quale felicità posso aspirare? Quali sono le condizioni necessarie per assolvere al diritto ed al dovere della felicità?

Per provare a rispondere a questi quesiti, il convegno “Felicità, accoglienza, unità di vita” – organizzato dalla nostra Federazione a Palazzo Reale di Milano, il 19 ottobre 2012 e che ha accolto 140 partecipanti – ha cercato di declinare e intrecciare, alla ricerca di un baricentro possibile, alcune delle parole chiave e delle polarità che fanno parte della nostra pratica di accoglienza:

  • in primo piano la famiglia che, prima ancora dei servizi che gestiamo, sta al centro della nostra storia,
  • sono le famiglie che accolgono e le famiglie accolte
  • sono le famiglie che prima di generare servizi, generano progetti di vita
  • sono le famiglie che si fanno comunità a partire dalla propria casa
  • case in cui queste famiglie agiscono la propria dimensione umana degli affetti, oltre che la propria  professionalità
  • una professionalità che, una volta conquistata, ha a che fare con i  vincoli e con la libertà
  • ovvero con la sostenibilità economica e la gratuità del dono.

Ma non solo. Attraverso i racconti e le riflessioni dei relatori e degli incursori della mattinata (don Armando Zappolini, Arnaldo de Giuseppe, Luigina Mortari, Igor Salomone, Mariolina Miotto, Roberto, Yuri, Silvia e Giulio) abbiamo potuto collegare alla storia del pensiero umano (da Socrate a Seneca e Tucidide per arrivare alla filmografia attuale sino a Kung Fu Panda) la prassi dei nostri attuali maestri, che sono:

  • le persone che si incontrano nel loro momento di difficoltà, e che si affiancano al nostro percorso di felicità (“felicità è essere liberi, liberi ma con qualcuno accanto”)
  • le persone che pensano e che sono in grado di far diventare le storie un pensiero e poi ancora storie quotidiane
  • le persone con cui condividiamo la stessa  storia e la stessa intenzionalità di cura verso l’essere umano che in quanto tale è debole e fragile.  

Solo un cenno da parte della politica, stante l’assenza degli assessori comunali e regionali e la presenza della sola sottosegretaria Miotto che rilancia una domanda che intende porre all’attenzione il modello europeo di welfare: è l’individuo o la società a dover perseguire la felicità? La felicità che per noi è benessere e dunque welfare. È dunque necessario cambiare il paradigma secondo il quale per uscire dalla crisi bisogna tagliare la spesa pubblica e dunque sociale ed è indispensabile definire i Liveas.

Nel pomeriggio con i lavori della tavola rotonda tra le diverse forma di accoglienza del CNCA (comunità familiari, educative, mamme bambino, reti di famiglie) si è poi cercato di muoversi attraverso altri possibili baricentri, che richiamano al futuro e alla sostenibilità del welfare:

  • la responsabilità politica e pubblica di chi governa e la necessaria chiarezza sulle priorità e sul disegno di sviluppo che deve passare attraverso la spesa sociale
  • la nostra responsabilità personale e professionale, di singoli, di famiglie, di gruppi e di reti nella diffusione di desideri, scelte e competenze, attorno e dentro le comunità territoriali.

Il dibattito, lanciato da Claudio Figini e condotto da Stefano Ricci, che ha coinvolto Ombretta Pinciroli, Caterina Pozzi, Valerio Pedroni, Marco Tuggia e Liviana Marelli, ha dunque rilanciato lo sguardo delle famiglie accoglienti oltre i recinti e verso il futuro del welfare.

Solo alcuni dei mille spunti emersi dal dibattito generato tra quelle che sono al tempo stesso il ventaglio delle esperienze e il portafoglio dell’offerta di servizi del CNCA, ovvero la passione e la  professionalità:

  • la fragilità come valore umano, come attitudine che ci permette di stabilire un rapporto di empatia con chi ci è vicino, che costruisce l’unità di vita nella scelta di essere comunità familiare;
  • gli interrogativi che riguardano l’essere madre e al tempo stesso lavorare attorno ai temi della genitorialità e della maternità fragile;
  • la semplicità dell’accoglienza, del welfare come incontro tra bene pubblico e bene privato, che superi il sindacalismo della conciliazione casa/lavoro e  chieda armonia tra i tempi della propria famiglia e quelli della comunità;
  • la crisi economica e il sommarsi delle emergenze che cascano e impattano sulle precedenti emergenze rischiando di cancellare i diritti acquisiti;
  • la crisi economica ancora, che fa saltare la separatezza tra il mondo del disagio e dell’agio, che isola e mette in discussione la stessa separatezza tra cure formali e informali, che confonde tra volontariato e  professione sociale;
  • e allora la necessità di ricomporre, di ritrovare l’equilibrio, di rimettere insieme le diverse storie che stanno dentro di noi e che stanno accanto a noi;
  • in questo percorso di ricomposizione, l’accoglienza deve stare al centro della città, creando luoghi di vita e di senso  per la città stessa, chiedendo al pubblico di divenire privato e viceversa.

Da questi spunti un rapido passaggio verso le questioni da tenere sotto controllo e rilanciare:

  • l’identità delle comunità di accoglienza;
  • la funzione delle organizzazioni e dei gruppi nei percorsi individuali di accoglienza;
  • il rapporto con la formazione ed il mondo accademico;
  • il rapporto con la comunicazione e l’utilizzo di messaggi più vicini, prendibili e  comprensibili;
  • il sistema di welfare come motore di sviluppo.

Dentro queste riflessioni che segnano l’esperienza di responsabilità sociale e pedagogica del CNCA c’è stato, infine, anche spazio per aprire i confini e gli sguardi, proiettando il futuro del nostro paese al centro del Mediterraneo sottolineando quanto, mai come adesso, sia opportuno collocarsi saldamente in questa posizione, mantenendo certo lo sguardo rivolto all’Europa ma nella stesso tempo essere in grado di rivolgerlo anche a sud, a quei paesi africani che si affacciano sul stesso mare e che nei secoli hanno intrecciato le loro storie con le nostre.

 

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