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Contratto cooperative sociali? Non lo applicheremo

Presa di posizione della Federazione

Qui di seguito pubblichiamo la lettera aperta firmata da Lucio Babolin, presidente del CNCA, con cui la Federazione prende posizione in merito al dibattito in corso sul rinnovo del contratto delle cooperative sociali.
Il testo è apparso oggi sul quotidiano “Liberazione”.

La trattativa per il rinnovo del contratto delle cooperative sociali langue e sembra non trovare soluzioni compatibili con i problemi che investono il settore in questi anni.

È indiscutibile che gli operatori debbano vedersi garantito il contratto e che il livello retributivo dovrebbe essere reso coerente con le responsabilità e la professionalità richieste dalla gestione di servizi sempre più complessi e articolati.

È, però, altrettanto vero che se non si utilizza l’occasione del tavolo della contrattazione nazionale per mettere mano a problematiche strutturali che stanno mettendo in ginocchio le cooperative con il rischio di provocarne il collasso e costringerle a chiudere, qualsiasi ipotesi di rinnovo contrattuale rimarrebbe inapplicabile qualora si limitasse esclusivamente a far lievitare i costi aziendali.

Denunciamo uno scarto enorme tra il dichiarato riconoscimento alla cooperazione sociale quale spina dorsale del sistema dei servizi di welfare del Paese e il misconoscimento messo in atto nelle pratiche di tutti i giorni.

Vogliamo richiamare l’attenzione delle centrali cooperative e dei sindacati di categoria sull’esigenza di aprire una contemporanea e connessa contrattazione con il sistema istituzionale e il decisore pubblico sulle seguenti questioni:

  • definizione della figura giuridica del socio, oggi messo nella condizione di confliggere con se stesso, stretto nella morsa della doppia identità di lavoratore dipendente e di titolare d’impresa;
  • riconoscimento della funzione pubblica della cooperazione sociale, in particolare quella di tipo A, con la definizione delle relative conseguenze sul versante del rapporto contrattuale tra cooperative e istituzione pubblica (riserva di servizi, convenzionamento diretto, ecc.);
  • certezza del pagamento dei corrispettivi da parte degli Enti pubblici invianti e accordo con il sistema bancario a garanzia dell’anticipazione dei crediti vantati e dell’abbattimento dei relativi interessi;
  • determinazione di standard funzionali e di regimi economici (rette) omogenei sull’intero territorio nazionale per singolo settore di intervento (tossicodipendenze, minori, disabilità, psichiatria, ecc.);
  • definizione di linee guida nazionali per la stesura dei progetti individuali di avviamento al lavoro dei soggetti svantaggiati presso le cooperative sociali.

L’eventuale decisione di non affrontare queste tematiche, che risultano determinanti per il ruolo della cooperazione sociale in Italia, ci obbligherà, al di là di ogni buona volontà, non solo a sollecitare i nostri associati a non dare applicazione ai contenuti del nuovo contratto, ma ad aprire un conflitto esplicito sia nei confronti delle organizzazioni di categoria e sindacali che delle pubbliche amministrazioni con le quali le cooperative collaborano, decidendo forme di protesta che potranno prevedere negli ambiti territoriali più problematici (nei quali assistiamo a ritardi nei pagamento dei servizi resi che arrivano a ben due anni) anche la “restituzione delle chiavi” con il blocco dei servizi.

Lucio Babolin
Presidente Nazionale Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)

CNCA
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