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“Welfare bene Comune”

Convegno organizzato nella capitale dal Roma Social Pride e dal Roma Social Club (1 ottobre). Il CNCA Lazio tra i promotori

Roma Social Pride e Roma Social Club

organizzano

Convegno

Welfare bene Comune
Ovvero: Welfare bene, e il Comune?

Sabato 1 Ottobre
dalle ore 9,00 alle ore 14,30
Ex Cinema Palazzo, Sala Vittorio Arrigoni,
piazza dei Sanniti, 9A, San Lorenzo

Il Convegno continua l’azione di elaborazione e riflessione sul futuro del Welfare e delle politiche di cittadinanza iniziata con il Prof. Pugliese dell’Università La Sapienza lo scorso Aprile, arricchita dal contributo di due importanti reti nazionali, Sbilanciamoci, con la presenza di Giulio Marcon e I diritti alzano la voce, con il presidente della Fish Pietro Barbieri.

Le “innovazioni” sul welfare proposte da Governo e Comune sono tutte interne a un approccio mercantile fatto di incertezza delle azioni realizzate, sfruttamento del lavoro sociale e ticket a carico delle famiglie.

La rete di enti locali, imprese no profit, associazionismo, volontariato, comitati di famiglie e utenti, che compongono il Social Pride prospetta un welfare innovativo e sostenibile impostato sulla universalità dei diritti, su una chiara politica di investimento sul sociale, sul coinvolgimento e la partecipazione di tutti alla vita di una società inclusiva e solidale.

Programma

Ore 9,00 apertura Convegno

Ore 9,15 Gruppi di lavoro:

  • Politiche sociali: sperpero o investimento per lo sviluppo?
  • Cittadinanza e modelli di welfare
  • Scelte urbanistiche e relazioni sociali
  • Comunicazione e inchiesta sociale
  • Giovane Welfare

11,15 Intervento del Roma Social Pride

Ore 11,30 Pausa caffè

12,00 Tavola rotonda con i relatori dei gruppi di lavoro e

Enrico Pugliese

Giulio Marcon

Pietro Barbieri

14,00 Conclusioni e appuntamenti.

Iscrivetevi al Convegno e ai Gruppi e inviate la vostra adesione a:

socialpridelazio@gmail.com con oggetto: iscrizione convegno

Gruppi di lavoro preparatori del Convegno

“Welfare bene comune”

– Politiche sociali: sperpero o investimento per lo sviluppo?

Politiche sociali senza dubbio investimento per lo sviluppo, perché la finalità di p.s. appropriate interviene direttamente nel benessere dei cittadini.

Benessere che comprende non solo la prevenzione e la cura del disagio ma anche la coesione sociale, l’animazione dei territori, l’accesso alla conoscenza ed alla formazione, la fruizione culturale.

La scelta di perpetrare progressivi tagli al sociale è frutto di un’opzione politica/economica fortemente ideologizzata, a cui non si è saputo opporre un blocco sociale portatore di una nuova idea di welfare.

I nuovi bisogni della “società del rischio” (in cui potenzialmente siamo tutti “ultimi”) impongono una nuova visione delle dinamiche sociali ed una nuova soggettività in grado di esprimere una visione condivisa ed una pratica innovativa per il cambiamento.

Noi operatori del sociale dobbiamo riaprire una stagione di lotta e di rivendicazione che sappia rappresentare le ragioni delle pratiche e delle esperienze di cui siamo portatori e che incida nell’agenda politica locale e nazionale.

Per fare ciò è condizione indispensabile superare la frammentazione interna al nostro mondo, che risponde ed un vecchio modello di politiche sociali organizzato per categorie di svantaggio, proponendo unità di elaborazione politica ed integrazione dei servizi.

– Cittadinanza e modelli di welfare

Proponendo due ottiche contrapposte i conduttori cercheranno coi partecipanti al tavolo di costruire una visione di welfare da proporre alla nostra città.

Quali sono i modelli di welfare che ci sta proponendo la politica e quali i modelli che ispirano il nostro operato?

1) universalistico, offerta di servizi e di prestazioni sulla base del bisogno senza alcuna ulteriore distinzione

2) selettivo, prestazioni sociali graduate in funzione della condizione reddituale ed occupazionale del richiedente (una esemplificazione ne è il workfare)

3) residuale, l’intervento della pubblica amministrazione è previsto solo in caso di fallimento dei canali sociali alternativi come famiglia, mercato, volontariato, con assegnazione di risorse minimali e limitati nel tempo a individui in stato di provata necessità

Cittadino utente o cittadino partecipante? (es. Qual è il modello o l’alternativa alla attuale cosiddetta “scelta dell’utente”?)

Servizi alla persona o servizi di comunità?

Comunità utente o comunità partecipante? Noi organismi, siamo enti erogatori o strumenti della comunità?

Se siamo strumenti della comunità, siamo capaci di contaminarci al suo interno? (es essere e fare comunità, costruttori di cittadinanza, non solo tecnici ma capaci di comunicare con tutta la cittadinanza, ecc. )

L’operatore sociale è cittadino della sua comunità?

– Scelte urbanistiche e relazioni sociali

Come l’organizzazione dello spazio urbano può influire sulle forme e sulla qualità delle relazioni sociali e personali? come può evocare e costruire gerarchie sociali? come può disegnare dinamiche di potere includenti ed escludenti? come può Infine influire sui processi educativi e sulle culture comunitarie?

Le scienze sociali si sono spesso soffermate a riflettere sul legame tra l’organizzazione degli spazi, l’organizzazione della vita sociale, la costruzione di culture e, addirittura, di profili di personalità. La prossemica è la disciplina che indaga le modalità di comportamento e di organizzazione dell’uomo nel suo spazio sociale e biologico, con i suoi riflessi sulla vita sociale. E’ evidente, dunque, che l’organizzazione dello spazio finisce per essere una lente attraverso cui leggere ed interpretare il mondo, una delle chiavi attraverso cui costruiamo la prospettiva del nostro progetto di vita. In questo senso anche la strutturazione di un quartiere ci parla delle possibilità di cambiamento, dell’opportunità di differenziazione della nostra prospettiva progettuale.

A partire dalle riflessioni di questo gruppo di lavoro non intendiamo leggere il territorio semplicemente come sfondo, per quanto significativo, di una rappresentazione sociale e dei processi educativi, ma come parte integrante degli stessi, il che significa che qualsiasi intervento sociale non può che agire a partire dall’interpretazione del territorio. Il territorio, dunque, non è solo la lente attraverso cui leggere i problemi sociali, ma uno strumento per intervenire su di essi. Per dirla con le parole di Guidicini: “Qualsiasi idea nuova di Welfare non può che partire dal recupero dello spazio“;

Parliamo delle esperienze di progettazione partecipata, di animazione di strada, di recupero dei giochi di strada e di quelle iniziative tese a ricostruire una città a misura dei soggetti più vulnerabili i bambini e gli anziani ma anche gli adolescenti i migranti e i disabili e tutte quelle persone che lo spazio più che attraversarlo funzionalmente lo vivono, lo abitano socialmente. Intendiamo promuovere e costruire proposte nel gruppo di lavoro che sviluppino un’idea di welfare che parte dal territorio e immediatamente si pone il problema della generalità degli abitanti non parlando più di singole “categorie di utenza”. E’ chiaro, ad esempio, che costruire una città a misura di bambino o di anziano significa costruire una città più vivibile per tutti e che le politiche sociali che hanno il respiro del territorio hanno il pregio di promuovere una migliore qualità della vita per tutta la comunità. Questi i temi che vogliamo affrontare nel gruppo di lavoro, e a partire dai quali intendiamo immaginare proposte concrete per le politiche sociali della nostra città.

– Comunicazione e inchiesta sociale

Comunicazione. Abbiamo potuto verificare, in mesi di impegno e di mobilitazione, la scarsa attenzione che, con rare eccezioni, il mondo dei media riserva alle questioni che riguardano le politiche di welfare, sia a livello nazionale che locale. Le politiche sociali, nei fatti, o sono poste in gioco del dibattito politico, o non esistono, né sulla carta stampata e neppure nel sistema radiotelevisivo.

Di chi è la responsabilità? Noi, cooperatori, membri di associazioni, utenti, sappiamo prendere la parola con la necessaria efficacia? Dedichiamo la necessaria attenzione nel trovare forme adeguate di comunicazione?

Inchiesta sociale. Cosa sappiamo dei fenomeni sociali di cui ci occupiamo? In che modo costruiamo conoscenza partendo dal nostro lavoro quotidiano? Siamo attrezzati per codificare la realtà sociale nella quale lavoriamo? Ci affidiamo, passivamente, alle letture che vengono offerte da grandi e famose agenzie nazionali (Censis, Istat, Iard, ..) o dagli istituti universitari, rinunciando a produrre in prima persona scienza e conoscenza?

– Giovane Welfare

“Roma-città universitaria- offresi lavoratore di passaggio,neolaureato con nessuna possibilità di crescita contrattuale e di carriera, disposto e abituato a vivere alla giornata senza sicurezza alcuna, disponibile anche per intensi periodi di stage e tirocinio non retribuito.”
> Dal sogno europeo della flexicurity danese, alla realtà Italiana del precariato e della flessibilità senza sicurezza né ammortizzatori sociali. Una generazione di funamboli forgiati per adattarsi, satelliti multiformi di passaggio, scoperti dal tetto del welfare durante il temporale.
Costretti a riadattarsi e segmentarsi tra più lavori crescendo ogni giorno professionalmente ma non normativamente.
-Si può investire sulle nuove risorse umane?
-Come ridurre il disagio e promuovere il bene comune se non
attraverso il benessere individuale?
> La storia degli operatori sociali contemporanei è diversa da quella della generazione precedente:
-Quale testimone è stato passato?
-Quale fidelizzazione per il lavoro sociale?
-Sentimento di appartenenza o lavoro freelance?
-Come andare oltre la gerontocrazia? Secondo paese al mondo per invecchiamento demografico, l’Italia è un paese per vecchi?

CNCA
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