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1000 operatori, 7 Regioni, diverse Province insieme contro la legge del Governo sulle droghe

Cartello Nazionale “Non incarcerate il nostro crescere”
in collaborazione con la Regione Emilia Romagna

Conferenza nazionale di Bologna (7-8 febbraio 2005)
1000 operatori, 7 Regioni, diverse Province insieme contro la legge del Governo sulla droga

Le Regioni Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria e la Provincia autonoma di Bolzano presentano un proprio documento

BOLOGNA – La prima giornata della “Conferenza per un progetto delle Regioni sulle dipendenze” è stata un grande successo: oltre 1000 operatori si sono dati appuntamento a Bologna (presso il Palazzo dei Congressi) per fare il punto su come cambiano gli stili di consumo e per discutere le linee politiche e operative future nel campo delle droghe.

Sul palco, ad aprire i lavori, si sono succeduti Gianluca Borghi – assessore Politiche sociali Regione Emilia Romagna, don Luigi Ciotti – presidente Libera, Marcello Secchiaroli – assessore Politiche Sociali Regione Marche, Ezio Beltrame – assessore Salute e Protezione sociale Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo De Facci – Responsabile Tossicodipendenze del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) e rappresentante del Cartello nazionale “Non incarcerate il nostro crescere”, a cui aderiscono decine di sigle, nazionali e locali, del mondo dei servizi pubblici, del terzo settore, volontari, educatori, magistrati, operatori del diritto, insegnanti, singoli cittadini.
Nerina Dirindin, assessore alla Sanità e Assistenza sociale della Regione Sardegna, ha delegato ad intervenire nel dibattito un proprio dirigente, mentre Enrico Rossi, assessore per il Diritto alla Salute della Regione Toscana, ha dato delega a intervenire a Filippo Fossati, consigliere regionale.

Don Luigi Ciotti ha posto l’attenzione sulla necessità di rafforzare la lotta al narcotraffico e vigilare sui temi della legalità. Inoltre, il presidente di Libera ha presentato come una responsabilità collettiva il non lasciare solo chi fa fatica, chi rischia, senza lasciarsi schiacciare in logiche di allarme sociale e di mera sicurezza.

Il convegno registra anche la forte presa di posizione delle Regioni che, insieme a “Non incarcerate il nostro crescere”, hanno organizzato l’appuntamento bolognese: Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria. Le Regioni appena citate evidenziano l’assoluta sordità dei ministri competenti in fatto di droghe – e in particolare quelli del Welfare e della Salute – rispetto alle molteplici richieste di confronto avanzate dalle Regioni e dagli Enti locali per valutare congiuntamente le strategie possibili in materia di droghe. Inoltre, le Regioni sottolineano l’ambiguità e le contraddizioni di un Governo che, da una parte, si fa paladino di un “vero federalismo” e accresce le competenze regionali mentre, dall’altra, nega ogni richiesta di coordinamento e di supporto economico avanzata dalle Regioni. Infine, tali amministrazioni regionali affermano l’assoluta inutilità di un Dipartimento nazionale per le Politiche antidroga – fortemente voluto dal vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini – che appare attualmente più uno strumento politico che di coordinamento e indirizzo, in quanto completamente slegato sia dai ministeri competenti in materia (Giustizia, Interni, Salute, Welfare) sia dalle Regioni, che con la revisione del Titolo V della Costituzione hanno acquisito le competenze di coordinamento a livello territoriale.
Le Regioni indicate, insieme alla Provincia autonoma di Bolzano, hanno formalizzato la loro posizione in materia di droghe, presentando alla Conferenza un proprio Documento. In esso sono evidenziati gli obiettivi che tali amministrazioni si propongono di raggiungere e gli impegni presi in relazione a prevenzione, trattamento, riduzione del danno.
Nel Documento si dice esplicitamente “no a messaggi di tipo terroristico, a messaggi che equiparano tutte le sostanze e tutte le modalità di assunzione, a interventi non progettati in relazione al contesto”. Egualmente, si oppone il proprio no a “trattamenti limitati da considerazioni che non siano dettate da evidenze scientifiche, riduzione degli interventi residenziali a sostituti della carcerazione, confinamento delle persone dipendenti da sostanze in un percorso di trattamento chiuso al territorio” e a “emarginazione di chi non può o non vuole cessare l’uso (di sostanze), rifiuto di utilizzare misure di profilassi contro la diffusione delle malattie infettive”.
Nel testo, inoltre, si prende un impegno preciso: “il modello organizzativo deve garantire al cittadino con problemi di abuso o dipendenza da sostanze percorsi di trattamento di qualità, efficaci ed appropriati, destinando a questo settore adeguate risorse e prevedendo le necessarie iniziative di formazione ed aggiornamento di tutti gli operatori dei servizi.” Tale sistema “non prevede quindi competizione o contrapposizione tra servizi delle Aziende USL e del privato sociale.”
Il presupposto su cui si fonda il sistema degli interventi pensato da chi ha sottoscritto il Documento è quello di “attivare percorsi personalizzati di ascolto, supporto, accoglienza ed eventuale presa in carico e offerta di prestazioni anche specialistiche per i gruppi, le situazioni ed i comportamenti a rischio”. Una logica di prossimità, dunque, e non di condanna e punizione, che per questo deve attivarsi in tutti i luoghi in cui i giovani si sperimentano. Per questo si vuole “sviluppare e qualificare gli interventi di promozione della salute nei luoghi del divertimento”.

Riccardo De Facci, a nome del cartello nazionale “Non incarcerate il nostro crescere”, ha sottolineato il successo della manifestazione: “C’è un grande bisogno, tra gli operatori, di confronto su esperienze, percorsi, diritti.” La mobilitazione del cartello e delle amministrazioni nasce da una “battaglia di civiltà rispetto a un’enfasi ideologica e una gestione puramente politica del tema droghe: ci opponiamo a un’ansia punitiva e una crudeltà civile che si accanisce rispetto a chi fa fatica.” “Siamo preoccupati – continua De Facci – perché si sta incentivando l’allarme sociale, rischiando di colpire i giovani che sperimentano. Vi è una rottura del patto di cittadinanza (adulti contro giovani) e del patto educativo (punisco invece di accompagnare nella riflessione sui significati delle scelte individuali). Si vuole costruire una comunità fondata su un modello unico, appiattito sui divieti e il controllo sociale.”
Il rappresentante del Cartello si è detto anche preoccupato per il duro attacco alle responsabilità e al servizio pubblico portato avanti dal Governo con la sua proposta di legge in materia di droghe.
Infine, anche De Facci ha scandito i propri no: “Non accetteremo mai di usare le catene per promuovere cambiamenti. Non accetteremo mai di essere i carnefici di chi sbaglia – né in carcere, né in comunità, né nei luoghi più difficili della strada. Manterremo sempre e comunque la nostra vicinanza ai percorsi di trasgressione, di ricerca, anche se talvolta problematica. Noi continueremo a essere lì”.

Nel pomeriggio i partecipanti al convegno si sono divisi nei quattro gruppi di lavoro previsti: “Legalità, giustizia e legislazione”, “Giovani e codici del piacere”, “I servizi di prossimità tra riduzione del danno e bisogni sociali”, “I servizi per le dipendenze in un welfare in trasformazione”.

Il convegno si concluderà domani con una tavola rotonda – prevista per le ore 14,30 – a cui sono stati invitati Vittorio Agnoletto, Rosy Bindi, Marco Boato, Nicola Carlesi, Franco Corleone, Guglielmo Epifani, Carlo Giovanardi, Antonio Guidi, don Antonio Mazzi, Livia Turco. A seguire le conclusioni di Lucio Babolin, presidente del CNCA, e Gianluca Borghi.

Bologna, 7 febbraio 2005

Ulteriori informazioni:
Mariano Bottaccio – Responsabile Comunicazione
Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)
Tel. 0644230395/44230403 – Fax 0644117455 – Cell. 3292928070
Email: ufficio.stampa@cnca.it

CNCA
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